Camminava con passo lento Dario, nella folla che, quella mattina di primavera, riempiva la banchina della metropolitana. Con il capo chino, le mani abbandonate lungo i fianchi, il respiro lento e cadenzato; andava incontro a quel vagone con la disperazione di chi porta con sé una fatica antica, la secolare battaglia di chi si trascina per la sopravvivenza. Ad ogni istante gli si presentava un ricordo e Dario combatteva per ricacciarlo indietro. Sentì forte nelle orecchie il suono stridulo di una campanella accompagnata dalla voce potente del professor Taviani che dalla cattedra ripeteva come una litania “Solo i più adatti ce la fanno. E’ questa la selezione naturale.” Per anni, ogni mattina, Dario aveva ascoltato le certezze granitiche di un uomo di scienza che sembrava fugare qualsiasi dubbio applicando all’esistenza i princìpi dell’evoluzionismo e quelli della fisica dinamica. Taviani era così, aveva una risposta per tutto e lui aveva disperatamente tentato di emularlo ma quella razionalità s’era rivelata col tempo un’arma pericolosa da maneggiare. Si fece largo tra la folla. Strattonò con noncuranza una donna che spingeva un passeggino. Si fermò immobile al limite della linea gialla che lo separava dai binari. Alzò la testa ma solo per qualche secondo, il tempo necessario a rendersi conto che nessuno lo stava guardando. Il tabellone degli arrivi indicava 1 minuto di attesa. Mancava davvero poco alla fine. Vide la sagoma dell’enorme ferraglia rumorosa venirgli incontro. Fece per gettarsi e l’ultima cosa che incrociò con lo sguardo furono proprio gli occhi di quel bambino nel passeggino. Il bambino gli sorrise e alzando la manina lo salutò come per dire “Ciao” poi schiacciando le piccole dita sulla faccia gli lanciò un bacio.