Nei giorni a venire Dario decise di stringere amicizia con l’anziano claudicante per mere ragioni di opportunità. In fondo era l’unico alleato, talmente fuori dal mondo che avrebbe assecondato ogni sua strana richiesta. Non gli avrebbe posto domande ma soltanto accettato anche la più improbabile delle sfide. Un pomeriggio pianificò con il folle compagno ogni dettaglio di quella agognata fuga. Si immaginava determinato come Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz. Del resto, che differenza c’era tra un carcere e quello che lui stava vivendo? I pasti ad orario, le visite contingentate, la disperazione, l’aggressività di chi si sente “braccato” dalla malattia, la coabitazione forzata. Era intenzionato a spezzare quelle catene. Insieme all’anziano, che per ironia della sorte, si chiamava Libero, aveva trascritto su di un foglietto punto per punto ciò che avrebbero dovuto fare per riuscire nella rocambolesca evasione. Restava solo un problema da risolvere: eludere la sorveglianza dell’infermiera che come ogni sera sarebbe venuta a sincerarsi che tutti nella stanza stessero dormendo beati. Libero avrebbe fatto il gioco sporco procurandosi delle pasticche di un potente narcolettico e un vassoio di pastarelle. Le avrebbero offerte alle infermiere scongiurando così di essere colti in flagrante. Alle 23.30 non vedendo arrivare nessuno Libero e Dario si organizzarono. Il personale sanitario era stato rapito da Morfeo dopo aver fatto incetta di pastarelle. Nei corridoi vuoti l’unico rumore era il sibilo di fondo, costante, delle lampade al neon. L’anziano prese una sedia a rotelle dalla stanza adiacente e aiutò il ragazzo a sedersi su di essa. Si fecero forza a vicenda. La notte là fuori aveva un profumo di viole; alti pioppi si stagliavano su di un cielo stellato, scuro ed illuminato al contempo, carico di promesse come un dipinto di Van Gogh. Dario si scoprì a ragionare sulla perfezione di ciò che vedeva e sul suo essere solo di passaggio rispetto a quella meraviglia. Sentiva con forza che seppur piccolo ne faceva parte. Venne interrotto da Libero che gli gridava contento: ”Guarda Dario, pure le lucciole ci sono. Questa è una serata perfetta”. Poco distante c’era un chiosco di grattachecche ancora aperto. Ne mangiarono due, fu il loro modo di festeggiare. Arrivarono esausti all’appartamento di Dario e Libero cercò di organizzare tutto al meglio. Spostò i mobili in modo che Dario potesse avere accesso a tutto ciò che gli sarebbe servito in sua assenza. Poi stanco e felice si addormentò con la testa ciondolante su di una poltrona.